Crowdinvesting: quando l’investimento cresce dal basso
Il crowdinvesting è un sottoinsieme di quell’universo che va sotto il nome di crowdfunding, un sistema di raccolta fondi – fatto per lo più su piattaforme web – che coinvolge un gran numero di persone – crowd, folla – unite da uno stesso interesse o obiettivo. Un esempio classico sono i siti come Kickstarter, che aiutano i piccoli progetti a trovare i fondi per partire, grazie al contributo degli utenti della rete che “credono” nell’idea, ricevendone in cambio una ricompensa: un servizio, un prodotto, una quota societaria… Nel crowdinvesting, l’interesse che spinge gli utenti è proprio l’aspettativa di guadagno: io do un mio contributo per far partire un progetto o lanciare un prodotto, aspettandomi che il mio denaro investito aumenti di valore una volta che il progetto è partito o si è sviluppato.
Azioni, risparmio e fatture: c’è un crowdinvesting per tutti
Esistono 3 tipi di crowdinvesting: vediamoli insieme velocemente.
L’equity crowdfunding è la possibilità di investire fondi in una startup o in una piccola impresa in cambio di quote societarie. È la modalità più sviluppata e diffusa, soprattutto in Italia.
Il lending crowdfunding coinvolge invece il settore dei prestiti e funziona esattamente come immaginate: attraverso una piattaforma online, i finanziatori prestano il loro denaro a privati o aziende, ricevendone un interesse. Molto diffusa all’estero, è una pratica ancora poco sfruttata nel nostro Paese.
L’invoice trading, infine, è la possibilità per un’impresa di vendere le proprie fatture al miglior offerente sul mercato, trasferendo i propri crediti all’acquirente in cambio di liquidità.
Ma come va il crowdinvesting in Italia?
Qui i dati sono davvero sorprendenti. Secondo i dati recentemente pubblicati dall’Osservatorio Crowdfunding del Politecnico di Milano – qui il report completo –, nei primi 6 mesi di quest’anno il settore equity è cresciuto in Italia del 123% (grazie anche a portali come siamosoci.com), il lending del 178% e l’invoice trading addirittura del 560%, più che sestuplicato. Ciò dà le dimensioni di un fenomeno in fortissima crescita, che oggi è arrivato a un volume raccolto di circa 190 milioni di euro.
La crescita media di tutto il settore è del 273%. Numeri che vanno guardati con interesse e attenzione.
L’idea che anche l’investimento possa esprimersi attraverso una forma di partecipazione collettiva e autonoma è certamente positiva. Soprattutto perché, per sua natura, il crowdinvesting coinvolge grandi quantità di piccoli e piccolissimi investitori, che probabilmente incontrerebbero troppi ostacoli nei canali più tradizionali.
Il meccanismo, poi, sembra perfetto anche in ambito di sostenibilità: non è un caso che buona parte delle imprese e dei progetti finanziati con il crowd abbia a che fare con il settore green o con ambiti in cui la responsabilità sociale è un discrimine importante.
Attendiamo con interesse ciò che succederà di qui in poi.