Un consulente “responsabile” fa la differenza!
Il cambiamento, meglio se responsabile, fa parte della vita ed è una caratteristica imprescindibile della natura umana. Mentre in alcuni campi lo si accetta più velocemente ed anche più tranquillamente, in alcuni ambiti i passaggi sono più lenti e contrastati.
Questo atteggiamento può essere positivo: le decisioni maturate nel tempo risultano essere più consapevoli e strutturate.
L’ambito finanziario subisce continui cambiamenti, con le connesse titubanze e resistenze.
Perché cambiare stile se ciò che si è fatto fino ad un certo punto è stato “rassicurante” e remunerativo? La risposta potrebbe essere: perché ciascuno di noi, oltre ad avere una responsabilità personale, ha anche una responsabilità sociale. Coniugando interesse privato con interesse pubblico si può avere la soluzione ideale del problema.
Servono due componenti fondamentali: un investitore responsabile ed un consulente/istituzione finanziaria responsabile.
DAL PUNTO DI VISTA DEL CONSULENTE
Ad oggi non si può dire che la finanza responsabile sia del tutto decollata, anche se fortunatamente le prospettive sono buone. Uno dei motivi per cui stenta a partire è che la maggior parte dei consulenti finanziari, con piena consapevolezza di sé, non risulta essere sufficientemente preparata in materia.
Nel corso della Settimana SRI (organizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile) svoltasi tra Milano e Roma dall’8 al 17 novembre 2017, l’Anasf ha reso noti i risultati dell’indagine condotta su 600 consulenti finanziari; l’argomento era “Prodotti Sri: il coinvolgimento consulente-cliente”.
Per quanto riguarda l’auto-percezione delle proprie conoscenze, il 40% si dà la sufficienza, il 33% si dà un buon voto ed il 25% ritiene di avere una preparazione insufficiente in materia.
In merito ai criteri ESG, il 41% ritiene le proprie competenze sufficienti, il 36% insufficienti ed il 20% buone.
In riferimento agli indici di performance etici, il 38% valuta la propria conoscenza sufficiente, il 37% insufficiente e ed il 23% buona.
In relazione ai prodotti Sri, oltre il 50% degli intervistati ritiene che si tratti di strumenti finanziari che rispondono alle esigenze di differenziazione , innovazione finanziaria e trasparenza. Il 37% dei consulenti intervistati ritiene inoltre utile inserire, all’interno dei questionari di profilatura, domande mirate a conoscere l’attitudine all’investimento sostenibile contro un 23% che non la ritiene un’informazione determinante.
Tirando le somme, il quadro che emerge è quello di un settore, quello degli investimenti socialmente responsabili, sicuramente in crescita e con ottime potenzialità ancora inespresse per tre motivi: mancanza di consulenti effettivamente formati sulla materia, offerta ancora troppo bassa da parte delle strutture finanziarie e scarsa sensibilizzazione della clientela sulle possibilità attese da queste scelte d’investimento.
Si tratta di tre ingranaggi di una stessa macchina; migliorando ed incrementando le competenze dei consulenti e l’offerta finanziaria, la sensibilizzazione del cliente diventa una naturale conseguenza e la macchina può iniziare a girare alla perfezione.
DAL PUNTO DI VISTA DEL CLIENTE
Cresce l’attenzione ai temi della sostenibilità nei consumi e nel risparmio, e nello stesso tempo non si trova sempre un riscontro diretto nelle scelte d’investimento degli italiani.
Da un sondaggio condotto questa volta sulla clientela (il campione è di 1000 investitori di età superore ai 30 anni e con un investimento minimo di 1000 euro effettuato nel corso del 2017) condotto dal Forum per la Finanza Sostenibile e Doxa, con l’ausilio del Gruppo Generali e di Natixis Global Asset Management, il 40% ritiene che i parametri ESG siano molto importanti e quasi il 92% pensa che sia essenziale incentivare gli investimenti Sri.
Il 44% degli intervistati sono molto interessati a ricevere informazioni sulla sostenibilità sociale ed ambientale degli investimenti sottoscritti da parte dei propri consulenti o istituti di credito ed una buona percentuale sarebbe più che disponibile ad investire in prodotti finanziari sostenibili e responsabili.
A questo punto è inevitabile rimarcare una discrepanza tra sondaggio e quanto affermato inizialmente, e ciò è dovuto principalmente al fatto che , come già detto nel paragrafo precedente, consulenti e banche non siano ancora così formati sull’argomento e di conseguenza tendono a proporre tali soluzioni d’investimento solo in via marginale.
Pur restando elevato l’interesse, a causa delle lacune, in materia, del sistema finanziario, ancora un 21% degli investitori ritiene che l’analisi dei fattori ambientali, sociali e di governance generi una perdita di valore, piuttosto che profitti, e che i fattori Esg generino una minore sicurezza.
Come sempre l’ignoranza, ossia la non conoscenza, genera perdite, più o meno gravi. Ed è pertanto importante, da parte degli investitori, incominciare a cercare un consulente finanziario/referente bancario che abbia, nel proprio bagaglio di competenze, una perfetta conoscenza della finanza sostenibile e socialmente responsabile. L’ignoranza per fortuna è una malattia curabile: la ricetta ideale è un po’ di impegno da parte di tutti per migliorare, un impegno “responsabile“.