La finanza per l’inclusione
In un mondo dove parlare di “finanza” fa subito pensare a borse, spread e mercati molto competitivi, c’è un angolo nascosto — ma sempre più illuminato — dove il denaro è ancora un mezzo, non un fine. Si chiama microcredito, e funziona così bene che continua a essere adottato nei Paesi in via di sviluppo… ma anche nella provincia italiana.
Sì, perché l’inclusione finanziaria non è un problema che riguarda solo il Bangladesh. Anche qui, da noi, c’è chi resta fuori dal sistema. Per mancanza di garanzie, di storia creditizia, o semplicemente per pregiudizi. Eppure basta poco per accendere un’impresa, una speranza, una dignità.
Un passo indietro: da Muhammad Yunus ai laboratori di quartiere
L’idea del microcredito, così come lo conosciamo oggi, nasce ufficialmente negli anni ’70 in Bangladesh, grazie a Muhammad Yunus, un professore di economia che decise di prestare pochi dollari a un gruppo di donne artigiane. Nessuna garanzia, nessuna banca: solo fiducia.
Quella scintilla si è trasformata nella Grameen Bank, una banca “per i poveri” che ha ispirato un modello replicato in tutto il mondo, e che nel 2006 è valsa a Yunus il Premio Nobel per la Pace.
Il cuore del microcredito non è mai stato l’interesse economico, ma la centralità della persona: dare accesso al credito a chi, senza alternative, rischia di finire in trappole peggiori (usura, indebitamento cronico, emarginazione). Oggi, quel modello è arrivato anche in Italia. Con regole precise.
Microcredito in Italia: quanto si può chiedere e a che condizioni
In Italia, il microcredito è regolamentato dal D.Lgs. 141/2010 e successive modifiche, che ha introdotto l’art.111 del Testo Unico Bancario. Si prevedono due principali canali:
- Microcredito imprenditoriale
I destinatari sono lavoratori autonomi, microimprese e start-up. Ha un importo massimo di 75.000 euro, elevabile fino a 100.000 euro per le S.r.l.. Ha una durata massima di 10 anni, inclusi eventuali periodi di pre-ammortamento. Non vi è nessuna garanzia reale richiesta, tranne per le S.r.l., dove possono essere richieste garanzie reali (ipoteca o pegno).
2) Microcredito sociale
Ha un importo massimo di 10.000 euro. I destinatari sono persone o famiglie in difficoltà economica temporanea. Hanno come finalità le spese sanitarie, la formazione, la casa, la mobilità e le bollette.
Una storia italiana: Fatima e il suo laboratorio di sartoria
Fatima è arrivata a Torino dal Marocco 12 anni fa. Dopo anni di lavoro precario e un corso di sartoria, decide di aprire un piccolo laboratorio per riparazioni e confezioni su misura. Il problema? Niente garanzie, niente mutuo, niente banca.
Ma Fatima si rivolge a un ente accreditato per il microcredito, presenta il suo progetto e ottiene 15.000 euro. Con quei soldi affitta un locale, compra due macchine da cucire, allestisce una vetrina. Dopo un anno, il laboratorio è in attivo, ha assunto una collaboratrice e restituisce il prestito puntualmente.
Non è finanza creativa. È finanza concreta. Che crea valore reale.
I numeri parlano chiaro
In Italia, secondo l’Ente Nazionale per il Microcredito:
- Oltre 35.000 persone hanno avviato o salvato un’attività grazie al microcredito
- Il 43% sono donne
- Il tasso di restituzione del prestito supera il 95%
Sì, hai letto bene: più alto di quello di molti mutui immobiliari tradizionali. Perché chi riceve fiducia… tende a restituirla. Anche in rate mensili.
Ma chi ci guadagna? (Spoiler: tutti)
- La persona: perché esce da una situazione di esclusione, senza essere trattata come “cliente di serie B”
- La comunità: perché ogni attività che nasce crea occupazione, dignità, circolarità economica
- Lo Stato: perché spende meno in assistenza e recupera gettito fiscale
- Gli investitori consapevoli: perché possono allocare risorse con impatto positivo, anche attraverso strumenti collettivi (fondi etici, cooperative di credito, piattaforme di impact investing)
Il ruolo del consulente: essere ponte, non solo filtro
Chi fa consulenza finanziaria, oggi, non può più ignorare il tema dell’inclusione. Non si tratta solo di proporre prodotti ESG o etichettare un fondo come “verde”. Si tratta di riconoscere che la finanza è uno strumento di giustizia economica, e che esistono strumenti — come il microcredito — che possono essere messi al servizio dei più fragili… o di chi vuole semplicemente una chance.
Il consulente può:
- Indirizzare clienti ad associazioni o enti che offrono microcredito
- Supportare donatori o investitori che vogliono finanziare progetti a impatto
Un piccolo credito, un grande impatto
Nella finanza responsabile, ogni euro conta. E quando quel singolo euro serve ad aprire una serranda, pagare un corso, o salvare un affitto… allora il ritorno è più che economico. È umano.
Il microcredito non salverà il mondo. Ma può cambiare il mondo di qualcuno. E a volte, basta questo.
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