Italia, possiamo qualificarci in sostenibilità?
Eccoci nuovamente a parlare di Italia, e non per questioni calcistiche. Il nostro Paese infatti, per quanto bello ed affascinante possa essere da un punto di vista artistico e paesaggistico, non brilla allo stesso modo per sostenibilità ambientale, qualità della governance ed attenzione all’impatto sociale. Possiamo dare una buona notizia: anche l’Italia ha intrapreso un cammino positivo verso gli investimenti sostenibili e responsabili e, seppur in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, si sta “portando al passo”.
Infatti la capacità di gestire e prevenire problematiche che rientrano nei macro-settori su menzionati (quali ad es.: alluvioni, siccità, flussi migratori consistenti, l’inquinamento, la tutela della salute pubblica, il rispetto dei diritti umani, la lotta alla corruzione, l’efficienza delle istituzioni e molti altri fenomeni ancora), sono indicativi della capacità di uno Stato di avere una prospettiva di lungo periodo e di reazione e gestione delle problematiche stesse. E questi aspetti hanno ormai un’importante rilevanza anche sul piano finanziario.
L’ANALISI “ESG” E I “PRINCIPLES FOR RESPONSIBLE INVESTMENT”
Che cosa si intende per “Analisi ESG”? E’ presto detto: ESG è una sigla che sintetizza le tre parole inglesi Environmental, Social, Governance, che tradotte in italiano significano Ambiente, Società, Buon Governo .
E’, a tutti gli effetti, uno strumento molto importante per l’analisi della sostenibilità degli investimenti; considera tre tipi di fattori: quello ambientale, con i rischi legati ai cambiamenti climatici e le emissioni di CO2, quello sociale e quello riguardante il governo dell’azienda.
E cosa sono invece i “Principles for Responsible Investment”? Sono sei principi stabiliti nel 2005 dall’ONU, che i 1850 investitori istituzionali firmatari del documento sono tenuti a rispettare per allinearsi ad obiettivi socio-ambientali, per il raggiungimento del bene comune.
L’ESG ed i Principles for Responsible Investment sono strettamente connessi: l’ESG figura tra i primi 2 PRI.
L’ITALIA OGGI
E l’Italia che fa? Anche se la finanza sostenibile è ancora una “nicchia” del mercato del Belpaese, si possono cogliere segnali incoraggianti.
Se guardiamo le statistiche, notiamo che, in un’analisi di RobecoSam sulla sostenibilità di 22 economie avanzate e 43 emergenti, l’Italia si posiziona al 31° posto (penultima posizione tra i Paesi della zona Euro; peggio di noi solo la Grecia). Il risultato è basato sull’analisi di 17 indicatori ESG che hanno rispettivamente un peso del 15%, 25% e 60%. In base a queste rilevazioni, l’Italia non ha ancora raggiunto la sufficienza ed i motivi sono prevalentemente legati ad una situazione politica instabile ed a riforme che faticano a partire.
IL FUTURO
Per fortuna non si vive solo di statistiche e negatività. L’Italia si è messa all’opera e le premesse sono buone: la presenza sempre più consistente di fondi comuni e strumenti finanziari che favoriscono il settore degli investimenti sostenibili fa ben sperare per il futuro e…per il presente.
In Italia si sta finalmente facendo strada la convinzione che “sostenibile e responsabile” vadano perfettamente d’accordo con “vantaggioso e remunerativo”. L’investimento responsabile non comporta assolutamente rinunce sul piano dei rendimenti, anzi. E’ provato che il filtro ESG comporta nel medio/lungo periodo ritorni marginalmente più elevati. Questo aspetto si può tranquillamente dedurre da un semplice ragionamento: se una società é attenta a parametri, oltreché economici, anche ambientali e sociali, è sicuramente ben strutturata per gestire rischi di natura extra-finanziaria. Sarà meno esposta a sanzioni, problemi reputazionali e conflitti d’interesse che impattano sulla realtà ed i risultati aziendali.
Anche in Italia la “buona finanza” sta pian piano conquistando visibilità e consensi: dalla “Settimana SRI” in corso all’emissione di strumenti quali fondi comuni, Etf, green bond ed i social impact bond.
Su cosa si deve ancora lavorare, oltre allo sviluppo tecnico di prodotti di questa natura? La risposta si può articolare su 3 livelli:
1) l’attivazione di una maggiore sensibilità verso certe tematiche ed il loro risvolto finanziario;
2) un sistema di incentivi economico-fiscali che favorisca questo tipo di investimenti;
3) lo sviluppo di metriche per valutare l’impatto dei progetti che vengono finanziati
Le potenzialità ci sono, basta sfruttarle al meglio.