Essere donna per essere imprenditrice
Come cerco di curare e scegliere l’eccellenza nel servizio che dò, ai miei clienti, così mi piace raccontare storie di eccellenza. Ed è per questo che ho deciso di tenere i miei webinar all’interno di aziende, e raccontare così le storie di imprenditori e imprenditrici con una caratteristica comune: un “perché”, una motivazione importante che li spinge a ricoprire il loro ruolo. Nel mio recente webinar di maggio (che puoi rivedere sul mio canale YouTube) ho dialogato con Enrica Bruneri, amministratrice delegata della Uni-Mecc srl. Riporto di seguito una sintesi della nostra conversazione.
Buonasera Enrica, ci puoi dire dove siamo e raccontare qualcosa della vostra storia?
Buonasera Mauro, siamo alla Uni- Mecc a Cafasse, un paese all’inizio della Val di Lanzo, nel torinese. Io sono Enrica Bruneri. Sono sposata, con due figlie, di cui una, Silvia, la più grande, è già in azienda già da diversi anni
Ho iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia quando era piccolina. Mio padre aveva avviato questa attività, un’azienda metalmeccanica, che opera principalmente nel settore automotive. Produciamo particolari che nello specifico sono stanziali, perni, chassis.
Quindi non fate vestiti e accessori da donna…
No, le applicazioni sono appunto le automobili. Precisamente i nostri componenti finiscono nelle pedaliere, negli ammortizzatori, sterzi e altre parti delle auto. L’azienda è nata a fine degli anni sessanta (forse 1965 anche se una data precisa non ce l’ho) . Mio papà aveva incominciato nella cantina con un piccolo tornio. E poi negli anni ha spostato e ampliato la sua attività.
Nel 2008 siamo venuti in questa attuale sede a Cafasse e adesso abbiamo raggiunto i 30 dipendenti
Hai detto che lavorate soprattutto per il mondo dell’automotive, per i grossi gruppi di questo settore.
Infatti nel 2003 mio padre ha fatto una scelta insieme a me e ai collaboratori fidati: quella di certificarci, una cosa che allora era nuova per noi. Attualmente siamo certificati ISO 9001 e IATF e quindi abbiamo scommesso, la famiglia in primo luogo poi tutta l’azienda, e puntato ad esplorare questo mercato. È stata una scelta vincente e i clienti dei primi tempi sono ancora clienti. Quindi c’è una bella storicità anche in questo senso.
Direi che il vostro è un ambiente tipicamente maschile, in cui tu sei entrata a seguito di tuo papà e poi qualche anno fa ti sei trovata a prendere le redini dell’azienda. Com’è essere donna, essere amministratore in ambiente di produzione tipicamente maschile?
Devo dire che proprio l’amore per questo essere vivente, per questo sistema vivente che è l’azienda, che è l’Uni-Mecc, e tutto quello che vedevo in mio padre, nei suoi modi e nei suoi valori ed anche il bene che ci legava, mi hanno fatto superare la paura, hanno contribuito a farmi dire “Io voglio lavorare in azienda con te” . Anche se in certi momenti è stato difficile guidare l’azienda insieme, soprattutto quando ci siamo trovati negli ultimi anni: mio papà avanzava nell’età e aumentavano i problemi di salute e quindi c’erano anche tensioni. Però nello stesso tempo lui vedeva anche molto in là ed era anche molto a favore delle donne in azienda. Infatti ascoltava sempre e comunque le donne che aveva al suo fianco. Potevo essere io, poteva essere anche una delle prime collaboratrici che l’aveva aiutato a portare avanti e a seguire tutte le fasi dell’azienda. Poi successivamente anche le altre donne che sono giunte a fare parte del gruppo. E quindi per me non è stato così difficile inserirmi nel mio nuovo ruolo. E’ stato più difficile forse fare quel salto da figlia femmina alla quale si è soliti dire “Ok, va bene sei nell’azienda, fai la segretaria”. Infatti i dipendenti e gli operai mi dicevano “Vieni a fare la segretaria di tuo papà?”. Nel momento in cui invece c’è stato questo salto e anch’io mi sono buttata con tutta l’entusiasmo e la volontà di costruirmi e crescere in questo ruolo, allora le cose un po’ sono sono cambiate. Però posso dire che adesso sono contenta dei risultati che ho ottenuto e anche i dipendenti secondo me ormai si sono abituati ad avere un’amministratrice donna e anche loro contenti
Mentre parlavi di questo fatto di tuo padre che ha favorito questa cultura dell’integrazione, e quindi ha sempre tenuto in considerazione il parere delle collaboratrici, mi veniva in mente che in te vedo ben incarnato il fatto di essere imprenditrice-donna, moglie, mamma, che non emula un modello maschile. Ti vengono in mente casi concreti, situazioni in cui essere donna può anche essere una chiave di soluzione di conflitti, di tensioni, che sono naturali nella quotidianità degli ambienti di lavoro?
i conflitti possono succedere. Forse non sarebbe un’azienda normale senza conflitti. Che possono essere tra colleghi o conflitti che si possano creare anche tra cliente e fornitore. E che si devono gestire. Ho notato che riesco a ottenere i risultati proprio facendo in modo che le persone vengano ascoltate e mettendo in atto quella che sono le mie caratteristiche più marcate: la gentilezza, la capacità di ascolto, l’immedesimarmi nelle persone e nelle situazioni. E anche questo mi ha spinto anni fa, in una fase in cui vedevo che le cose non funzionavano tanto, a creare un team di lavoro in cui comprendere, coinvolgere anche questi collaboratori, questi responsabili che avevano più difficoltà a interagire tra loro e anche nei miei confronti. Ed effettivamente è stata una cosa azzeccata nonostante ci siano anche lì alti e bassi, ci possano essere alcuni problemi. Tutto viene comunque gestito. E’ faticoso lavorare così, magari chi ha il pugno duro, scrive lettere di richiamo, etc, fa meno fatica. Ma il metodo più autoritario non è nelle mie corde. E’ ovvio che si interviene se ci sono delle situazioni veramente serie o preoccupanti e quindi se si deve anche agire. Col sistema che adotto io, ho visto risolversi anche situazioni che sembravano irrimediabili. In questo modo sono riuscita a ottenere frutti che poi si sono riversati in modo positivo anche sull’azienda, sulla produzione e sulla redditività.