Cosa rende un’impresa buona
Qualche settimana fa ho avuto il piacere di partecipare ad un’indagine, promossa da una società d’investimento e rivolta ai professionisti del settore finanziario. Il tema era la sostenibilità, e nel dialogo con l’intervistatore ho dichiarato apertamente il mio impegno per una finanza responsabile. Durante il collegamento online mia figlia di 7 anni irrompe nel mio studio e mi chiede, con la sua voce candida: “ Papi, domani andiamo a mangiare al Mac?”. Con malcelato imbarazzo, ho subito condiviso con l’intervistatore la difficoltà di educare i figli a modelli di consumo “sano”. Lui ha saggiamente ribattuto che i giovani devono anche sperimentare per scegliere. E ha concluso che a volte il nostro pensiero è condizionato da troppi pregiudizi.
Una volta conclusa la videocall, mi sono chiesto se la mia opinione sulla famosa catena di fast-food fosse figlia di un pregiudizio. E sono così finito la sera stessa a guardare il film “The founder”
TRA ROMANZO E REALTA’
Il film, ben diretto da John Lee Hancock e interpretato da Michael Keaton, racconta, in maniera romanzata, la storia di Ray Kroc, agente di commercio. E il suo fortunato incontro negli anni ’50 del secolo scorso con i fratelli McDonald, che avevano inaugurato il loro primo fast-food.
Sì, perché l’idea differenziante dei due fratelli californiani è stata quella di preparare panini con hamburger ed altri ingredienti di qualità che fossero pronti in 30 secondi e non in 30 minuti. E la visione di Ray Kroc è stata quella di allargare l’esperienza di San Bernardino in una catena di ristoranti, che diventasse “la nuova chiesa americana, aperta non solo di domenica”.
Non vado oltre per lasciarti la possibilità di vedere il film senza ulteriori anticipazioni. La storia è avvincente e va a toccare elementi interessanti per chi, come te, è attratto da esempi d’imprenditori che sanno unire etica e profitto.
COSA SERVE PER CREARE UNA BUONA IMPRESA?
Mi ha colpito la determinazione, l’ambizione, e anche la capacità di visione del protagonista del film. Che trova nella perseveranza la chiave del suo successo. Che insegue il proprio obiettivo, e continua ad agire per poterlo raggiungerlo. Sicuramente figlio della sua epoca e della sua nazione, gli USA. Un esempio classico dell’American Dream, il sogno americano. Secondo il quale il duro lavoro, la costanza, il coraggio vengono sempre premiati con risultati positivi per ciò che riguarda il successo professionale e il miglioramento delle condizioni di vita. La determinazione e la fame di successo devono essere accompagnate da un’idea unica, originale, che differenzia da chi opera nello stesso settore. Ma sono sufficienti la perseveranza e una nuova idea, unite ad intelligenza e capacità di visione, per creare una buona impresa?
UNA BUONA IMPRESA E’ ANCHE UN’IMPRESA BUONA?
Sembra una domanda banale, più adatta ad un salotto televisivo di un noto presentatore televisivo che va in onda a notte inoltrata.
In realtà nel film mi ha colpito negativamente la modalità con cui Ray Kroc arriva alla realizzazione del proprio progetto. Che parte da un’ottima idea e da una relazione positiva, da un lavoro di team con i fratelli McDonald. Per poi arrivare ad un conflitto con loro quando la sua ambizione personale viene frenata dalla prudenza dei due soci.
E l’espressione “C’è un lupo nel pollaio” che i due veri ideatori del fast food usano per definire il comportamento del protagonista che mi ha fatto venire alla mente l’espressione latina “Homo homini lupus”. Che potremmo tradurre con “ogni uomo è lupo per un altro uomo”. E che il filosofo britannico Hobbes fa sua per definire la natura, a suo giudizio, egoistica, venata d’istinto di sopraffazione, del comportamento umano. Sicuramente la storia narrata in “The Founder” e la figura imprenditoriale del protagonista hanno caratteristiche tipiche della concezione di Hobbes (che è a fondamento del pensiero liberista di Adam Smith). E lo stesso Ray viene dipinto come un uomo di successo, alla ricerca costante di un nuovo traguardo da raggiungere, a qualsiasi costo.
COSA RENDE UNA PERSONA (E UN IMPRENDITORE) FELICE?
Infatti è illuminante come Ray risponda alla moglie che gli chiede “Quando pensi di dire basta? Mai”. Ho già avuto modo di parlarti del paradosso della felicità dell’economista (non a caso) statunitense Easterlin. Che indagò sulla relazione fra ricchezza e felicità. E concluse che i soldi non fanno la felicità. Ciò che motiva l’azione di ogni individuo è l’attesa, l’aspirazione verso qualcosa che non si possiede. E quando si possiede o si può possedere praticamente tutto, subentra la noia, l’angoscia, la depressione.
Non vorrei ora che tu fossi tratto in inganno circa la risposta alla domanda con cui ho intitolato questo paragrafo. Non si è felici se si detiene poca ricchezza.
Ho la fortuna di frequentare, per lavoro e per amicizia, persone che hanno saputo unire successo professionale alla realizzazione personale.
Non con una visione egoistica, egocentrica, ma con l’apertura alla comunità, in primo luogo dei dipendenti, dei colleghi, dei soci, dei collaboratori. Con una valorizzazione della funzione sociale del proprio lavoro. Imprenditori che hanno sposato la sostenibilità prima ancora che questa parola esistesse. Che preferiscono la visione dell’economista italiano del ‘700 Antonio Genovesi, per cui “homo homini natura amicus” (l’uomo è per natura amico degli altri uomini). E alcuni di loro hanno scelto di trasformare la propria azienda in Società Benefit. Per me queste persone sono un esempio di piena felicità. Perché sanno produrre utili, ma non ad ogni costo. E per loro il profitto è un mezzo di miglioramento personale, aziendale e sociale, e non il fine ultimo della loro esistenza. Perché in questa loro mission hanno trovato il loro “perché”.
STORIE CHE SI MOLTIPLICANO
Gli imprenditori illuminati, sostenibili sanno essere coinvolgenti. E ispirare altre persone all’emulazione positiva. E’ per questo che sto cercando di raccogliere le diverse storie, i dialoghi che ho avuto con loro in questi anni, in un libro che presto vedrà la luce. Se anche tu hai o conosci una storia da raccontare, ti invito a scrivermi a mauro.ventura@finanzaresponsabile.it , in modo da poter arricchire le esperienze che condividerò. Perché anche tu sai di poter essere, con la tua azione quotidiana, un motore di cambiamento.