Il nostro debito con la Terra
Ogni anno, in un giorno che cambia a seconda del nostro stile di vita, il mondo raggiunge l’Earth Overshoot Day: è il momento in cui abbiamo esaurito tutte le risorse naturali che la Terra riesce a rigenerare in un anno. Da quel momento in poi, iniziamo a “vivere a credito” con il pianeta. È qui che entra in gioco un concetto tanto semplice quanto potente: il debito ecologico.
DEBITO ECOLOGICO: QUANDO IL CONTO LO PAGA LA NATURA
Il debito ecologico è la differenza tra ciò che la natura è in grado di rigenerare (biocapacità) e ciò che consumiamo in termini di risorse, energia, acqua, suolo, e quanto inquiniamo (impronta ecologica). Se il nostro impatto supera la capacità rigenerativa del pianeta, stiamo accumulando un debito, esattamente come accade quando le uscite superano le entrate nel bilancio di un’impresa o di una famiglia.
Il concetto è stato sviluppato negli anni ’80 da alcuni studiosi latinoamericani, ma ha assunto un ruolo sempre più centrale nel dibattito sulla sostenibilità, grazie anche al lavoro del Global Footprint Network. Si tratta, in sostanza, di un modo per tradurre in termini economici la crisi ambientale: deforestazione, perdita di biodiversità, cambiamenti climatici, esaurimento delle risorse, tutto ciò che mina gli equilibri naturali viene interpretato come “spesa non coperta”.
IL PARALLELO COL DEBITO FINANZIARIO
Chi ha dimestichezza con i numeri della finanza non farà fatica a cogliere le analogie. Quando uno Stato, un’impresa o una famiglia spende più di quanto incassa, entra in deficit e deve ricorrere al debito. Finché il debito è sostenibile e ben gestito, non c’è necessariamente un problema. Ma se il debito cresce troppo rispetto alla capacità di generare valore, il rischio default è dietro l’angolo.
Nel caso del debito ecologico, però, non esiste una banca centrale che possa emettere nuova natura o “stampare biodiversità”. E anche il concetto di sostenibilità, qui, assume un significato ancora più letterale: se non riduciamo l’impronta ecologica globale, compromettiamo la stessa possibilità di vita — e di sviluppo economico — per le generazioni future.
In altre parole: il debito ecologico è il precursore di una crisi economica sistemica. Chi pensa che le questioni ambientali siano separate da quelle finanziarie non ha capito che oggi sono due facce della stessa medaglia.
IL PREZZO DEL DEBITO ECOLOGICO
Come ogni debito, anche quello ecologico ha un costo. Solo che a pagarlo, spesso, sono i più fragili: popolazioni che vivono in aree soggette a desertificazione, piccoli agricoltori colpiti da eventi climatici estremi, comunità costiere che devono affrontare l’innalzamento del livello del mare. E non è un problema lontano: basti pensare all’impatto che le siccità estive hanno già oggi sul settore agroalimentare italiano, sull’approvvigionamento idrico e perfino sull’energia idroelettrica.
Ma il costo è anche finanziario. Le imprese che dipendono da risorse naturali scarse o vulnerabili diventano meno competitive. I portafogli d’investimento esposti ad attività “non sostenibili” rischiano di svalutarsi. Gli Stati che non investono nella transizione ecologica potrebbero essere penalizzati in termini di rating, con riflessi sul debito pubblico.
COSA PUÒ FARE UN INVESTITORE CONSAPEVOLE?
Il primo passo è cambiare prospettiva. Non si tratta più solo di cercare il rendimento, ma di interrogarsi sulla sua sostenibilità nel tempo. Un investimento che ignora il contesto ecologico in cui opera è come un business plan che sottovaluta i costi fissi: destinato a fare acqua da qualche parte.
Chi investe oggi può (e dovrebbe) chiedersi:
– L’azienda o il fondo in cui sto investendo come gestisce il proprio impatto ambientale?
– Sta contribuendo a ridurre il debito ecologico o lo sta alimentando?
– Ha una strategia concreta per la transizione ecologica?
Ed è qui che entra in gioco il ruolo del consulente finanziario con competenze ESG: aiutare a leggere i bilanci ambientali oltre a quelli economici, valutare la sostenibilità dei progetti, selezionare strumenti finanziari coerenti con i propri valori e con gli obiettivi climatici.
DEBITI SÌ, MA NON CON LA TERRA
Il debito, di per sé, non è un male. Può finanziare progetti, sostenere la crescita, aiutare a superare momenti difficili. Ma quando si accumula senza misura, diventa un peso insostenibile. E se a essere in rosso è il conto aperto con la natura, il rischio è che nessun piano di rientro sarà più possibile.
Per questo serve oggi una finanza responsabile, capace di riconoscere il valore dei capitali naturali e di orientare scelte economiche coerenti con i limiti del pianeta. Perché non possiamo più permetterci di ignorare il fatto che il vero bilancio che conta è quello tra ciò che prendiamo dalla Terra e ciò che siamo disposti a restituire.