Continuo il resoconto della serata trascorsa presso la Cantina Piazzo, sulle colline di Alba. E in particolare il racconto del dialogo fra i componenti della famiglia Piazzo, Albina Ambrogio di Confini e il sottoscritto.

Ci puoi anche raccontare il tuo impegno per La Collina degli Elfi?
Marina: Questa è una realtà grande, non so chi di voi la conosce. La Collina degli Elfi a Govone (CN) è una struttura, un ex abbazia-convento, in cui anni fa una psicologa ha iniziato a mettere in piedi questo progetto. Si tratta di un centro in cui vengono ospitati per una settimana i bambini che escono dall’ospedale e sono stati operati di tumore, insieme alle loro famiglie. Sono seguiti da psicologi, da psicoterapeuti, da professionisti. Perché avere a che fare con un tumore è sempre un trauma, però quando capita ad un bambino è una cosa folle. Ospita pazienti fino a 17 anni. A 17 anni il discorso è già diverso, si comincia a capire. Un bambino quando esce dall’ospedale è guarito, fa la sua cura, ma non si rende bene conto della situazione. Quelli che invece sono proprio a terra sono i genitori. Quindi la famiglia va lì e viene seguita per una settimana. Il motto de La Collina Degli Elfi è “il gioco della vita oltre la malattia”. E durante la settimana si cerca, si aiuta la famiglia intera a ricominciare a camminare verso la vita. Da soli non ce la farebbero. Però una settimana è poco tempo: purtroppo le camere sono poche, non si può fare di più. Adesso c’è un progetto importante. Si sta creando una rete in tutta Italia per cui, trascorsa la settimana in struttura, le famiglie tornano a casa e chi non ha terminato il percorso di recupero, necessita del sostegno dello psicologo, può rivolgersi ad una struttura vicino casa collegata alla Collina. E gli incontri saranno pagati dalla Collina. Nella Collina degli Elfi ci sono volontari eccezionali. Si leggono delle lettere in cui i bambini scrivono: ” Grazie perché avete di nuovo fatto sorridere mia mamma”. Vi assicuro, quando lo racconto mi viene la pelle d’oca. Ho avuto l’onore di essere chiamata a fare parte del direttivo un anno fa. Purtroppo non riesco ad essere una volontaria perchè non trovo il tempo, ho ancora qualche impegno qui. Ma faccio tutto quello che posso. Dò una mano soprattutto a far conoscere Collina, perché è una realtà che non si conosce ancora tantissimo. E che va avanti nelle sue attività grazie alle donazioni di molte aziende del territorio, che sostengono generosamente in silenzio, senza farsi pubblicità. C’è bisogno di donazioni perché lì le famiglie sono quasi completamente spesate. Ed in più adesso c’è questo impegno di creare una rete in tutta Italia per continuare a dare supporto psicologico a chi ne ha bisogno: un impegno che rappresenta un costo notevole. E’ una realtà eccezionale, veramente eccezionale. Vi invito a visitare il sito lacollinadeglielfi.it ma anche a visitare fisicamente La Collina degli Elfi.

Prima di parlare di futuro, e quindi di coinvolgere nuovamente Marina,perché dobbiamo parlare di futuro tra 2 minuti, vorrei interpellare un attimo Mauro, perché sono venute fuori delle parole chiave molto belle. Tu ci hai dato l’input con la parola “fiducia”, con la parola “responsabile”, ma qua poi sono venuti fuori il dono, la generatività, le relazioni, le persone, lo stare insieme, l’idea di mano chiusa/ mano aperta che ci portiamo tutti a casa. E quindi vorrei chiederti di dirci qualcosa rispetto a questo racconto veloce, che però, secondo me, ha reso l’idea di un’azienda, di una famiglia, di un territorio.
Mauro: Non ho preso appunti, ho ascoltato a mano aperta, cuore aperto e orecchie aperte. Sentendo questo racconto, che in parte conoscevo già, sentendo queste parole sento un’eco con quello che ripeto sempre. Ossia che i valori, il dono, la fiducia si vivono non nel chiuso di una stanza, in cui purtroppo negli ultimi due anni spesso ci siamo trovati a vivere, ma all’interno di una relazione. E quindi quanto è importante essere sempre aperti allo scambio. Poi lo scambio può portare un vantaggio, ma già il fatto di incontrarsi, ad es. il nostro incontro questa sera, per me è un grosso vantaggio. Poi puoi portarci vantaggi personali, economici e morali. Però il vantaggio arriva se siamo in quell’apertura e in quell’ atteggiamento di cui parlavi di dono. Sembrano cose magari strane, dette da un consulente finanziario o che non c’entrano niente con la finanza, ma in realtà secondo me sono quelle cose che dobbiamo tenere presente, che magari dobbiamo recuperare. Pertanto il consiglio che mi sento di dare è di investire il tempo che abbiamo, la nostra vita nel cercare di creare queste relazioni di fiducia, nel cercare di creare, di scovare aziende come questa. A me piacciono le realtà piccole rispetto alle grosse multinazionali (per quanto poi quest’ultime sono quelle quotate, quindi oggetto di investimento). Nelle piccole e medie aziende è più facile trovare vita, consonanza di valori. E provare effettivamente una sensazione di futuro, di apertura al domani. Futuro di cui adesso parliamo con Marina
Adesso è ora di parlare di futuro con Marina. Perché abbiamo parlato della vostra storia, dei tuoi genitori, di tuo papà, di cos’è diventata l’azienda oggi, di quello che state facendo rispetto all’ambiente, rispetto alle persone, della stabilità che ha quest’azienda, perché non ci dimentichiamo la parte economica. Però io so che c’è anche un progetto generativo per il futuro e quindi mi piacerebbe che tu ci raccontassi come vi immaginate questa azienda domani, come la state progettando.

Marina: In primo luogo il nostro futuro sono loro, i nostri figli Marco e Simone che hanno creduto in questa realtà, l’hanno seguita, hanno fatto gli studi per questo lavoro, si impegnano tantissimo. Marco è incredibile con i vini, Simone segue più la parte commerciale per cui già il nostro futuro è lì. Poi noi abbiamo un progetto, un bel progetto di ampliamento della cantina, in cui crediamo molto, su cui lavoriamo da 2 anni e che dovremmo iniziare a breve. Demoliremo la parte vecchia in cui aveva inizialmente sede l’azienda e sarà costruita una nuova area degustazione con uffici. E ci sarà anche una parte sotterranea che collega le due parti. Noi abbiamo già sempre cercato di esporci meno possibile con i tetti, forse per il fatto di essere in un posto come questo dove morfologicamente non potevi far altro. E quindi sarà tutto sottoterra in modo da avere meno impatto con l’ambiente ed essere meno invasivi possibile. Altra cosa che abbiamo curato, ad esempio, è stata la scelta dei colori, che devono essere tutt’uno con l’ambiente, non essere in contrasto.
Come possiamo concludere questo nostro dialogo, Mauro?
Mauro: In conclusione mi veniva in mente una cosa dopo aver ascoltato Franco: prima parlavano di sostenibilità, e spesso si parla di sostenibilità come un obiettivo, cioè un traguardo a cui dobbiamo arrivare. In realtà la sostenibilità è un percorso, un percorso che, come giustamente diceva Franco, bisogna fare insieme e soprattutto bisogna andare nella stessa direzione, perché se uno va una direzione e uno nell’altra… non funziona. Non è facile e non si può fare da un giorno all’altro”. Oggi noi, se parliamo di sostenibilità, ci confrontiamo con percorsi strutturati e pianificati come l’ agenda 2030 dell’Onu, gli obiettivi di Parigi sul contenimento del rialzo delle temperature. Ci auguriamo che nel 2030 non finisca il mondo, ci siamo posti degli obiettivi perché sono utili, ci stanno aiutando a iniziare.
Franco: È giusto spronare anche altri continenti. Io la vedo abbastanza lontana la sostenibilità vera. Però è anche vero che bisogna partire. Perché siamo andati abbastanza avanti. E’ giusto provarci e dobbiamo provarci sicuramente, perché così non andiamo da nessuna parte. Sapendo che ci sono contraddizioni, come le macchine elettriche, che si caricano con si caricano con energia generata da combustibili fossili. E’ un cane che si morde la coda.

Mauro: Secondo me è un argomento complesso, se uno vuole semplificarla e avere una visione buoni/ cattivi è un po’ riduttivo. Ci sono tante tonalità di grigio, c’è tanta complessità anche per esempio nel discorso sulle macchine elettriche.
Franco: Quello che possiamo dire noi è che il vino è il prodotto più tracciato che abbiamo in Italia. Di made in Italy vero, puro, secondo me, c’è solo più vino. Guardate che qualunque prodotto che compriamo sugli scaffali, dal formaggio alle carni. se leggete le etichette trovate scritto “allevato in Francia, macellato in Italia” . Chi lo sa cosa mangiamo? Guardate che il vino, che in questo momento è molto castigato, specialmente dai giornalisti del luogo, è il prodotto di cui noi siamo in grado, quasi dalla vigna, di dire in che bottiglia va. E quindi siamo già a buon punto. Però ce n’è di strada da fare, se vogliamo farla tutti insieme.
Albina: Un pezzettino per volta. Grazie Franco.