Valore oltre l’azienda
Sai anche tu che le aziende possono essere classificate in diverse maniere. Suddividendole in base alle loro priorità in termini di obiettivi, si parla di aziende profit e no-profit. Le prime finalizzano la loro attività alla massimizzazione dei profitti, per dare il maggior ritorno economico possibile agli azionisti. Le no-profit sono invece focalizzate sulle ricadute sociali delle loro azioni.
Questa distinzione si basa su un pensiero di fondo: che non si riesca a generare profitto e contestualmente creare un impatto positivo per il territorio e gli altri soggetti coinvolti nell’attività dell’azienda, diversi dagli azionisti. Ma sei sicuro che sia davvero così?
LA RISPOSTA DI PORTER E KRAMER
Nel 2011 si sono posti lo stesso quesito gli economisti Michael E. Porter e Mark R. Kramer. E hanno dato la loro risposta con l’articolo “Creating Shared Value” pubblicato sull’Harvard Business Review”. Con il termine “Shared Value” (tradotto con “valore condiviso”) ci si riferisce alla possibilità di creare valore economico per l’impresa attraverso la produzione contestuale di un beneficio per la società e per l’ambiente.
Con questo articolo i due studiosi hanno superato la dualità fra aziende profittevoli e imprese socialmente utili. Da dove sono partiti? E che significato concreto hanno dato alla loro definizione?
LA TRAPPOLA DEL BREVE TERMINE
L’articolo inizia con un’affermazione forte: il capitalismo è sotto assedio.
Eravamo nel 2011. E il mondo ormai globalizzato si stava leccando le ferite della crisi economica del 2007-2008. Si incominciava a dubitare e criticare i modelli capitalistici che avevano dominato fino a quel momento, soprattutto dopo il tramonto delle economie pianificate dei regimi comunisti alla fine del ‘900.
Il pensiero dominante vedeva l’azione delle imprese giocarsi sull’equilibrio tra raggiungimento dei risultati economici e ricaduta sociale positiva. Con la convinzione che non fosse possibile raggiungere entrambi gli obiettivi contestualmente da parte dello stesso soggetto. Pertanto gli imprenditori si limitavano a creare valore per gli azionisti. Mentre il compito di creare benefici sociali era demandato alle organizzazioni no-profit e alle istituzioni governative.
E qui nascono i primi problemi. Perché le organizzazioni no-profit spesso non dispongono delle risorse finanziarie necessarie ad affrontare problemi estesi e radicati. E chi possiede tali risorse? Le imprese. Che però ritengono erroneamente il raggiungimento degli obiettivi di rilevanza sociale un’attività esterna al core business dell’azienda. E come tale un costo in più che frammenta il capitale degli azionisti.
Tutto ciò perché gli azionisti tendenzialmente chiedono risultati immediati, nel breve termine.
COME CAMBIARE PARADIGMA
E’ indispensabile che le imprese adottino un’ottica di lungo periodo. Solo così possono accorgersi che lo sviluppo di soluzioni e idee per dare una risposta ai problemi sociali sono foriere di profitto. Mentre le stesse problematiche sociali, che oggi possono essere esterne all’azienda, probabilmente un domani diventeranno costi interni per l’azienda.
Quindi fra profit e no-profit c’è una terza opportunità. Creare valore con soluzioni che rispondano ad esigenze di carattere sociale.
L’ambizione di Porter e Kramer è quella di riscrivere le prassi del capitalismo, in un passaggio dallo share value (valore per gli azionisti) allo shared value (valore condiviso).
Porter e Kramer definiscono il valore condiviso come “l’insieme delle politiche e delle pratiche operative con cui le aziende creano valore economico attraverso i benefici sociali”.
LE NOVITA’ DELLO SHARED VALUE
Il contributo di Porter e Kramer è stato sicuramente importante a stimolare la nascita di nuovi approcci nel fare impresa, come, ad esempio, le Società Benefit. Quali sono stati gli elementi innovativi delle loro tesi?
In primo luogo il concetto di valore condiviso porta all’idea della costruzione di nuove opportunità di business. E si allontana dall’idea di dover sacrificare parte del risultato economico.
La seconda novità è che la creazione di valore condiviso non consiste nella semplice devoluzione degli utili dell’impresa a determinate cause sociali. C’è un passo in più: i beneficiari del vantaggio sociale devono ricevere anche gli strumentiper migliorare la propria condizione ed essere in grado di creare valore a loro volta. Devono imparare a pescare, non solo ricevere il pesce. Questa non è una novità assoluta. Mi viene in mente la proposta dell’Economia di Comunione, nata 20 anni prima rispetto all’articolo di Porter e Kramer. I due economisti hanno elaborato la loro teoria anche sulla scorta di esperienze come questa. Conferendo loro maggiore dignità accademica.
Infine come terzo elemento di innovazione ti evidenzio come il concetto di “Shared Value” prenda in considerazione l’intera attività d’impresa. Che diventa elemento generativo in grado di sfruttare le proprie risorse per creare un impatto positivo. Non ci si limita ad un singolo progetto o prodotto dell’azienda. L’azienda nella sua totalità genera impatto positivo creando valore.
SHARED VALUE E FINANZA
Stai leggendo un articolo di finanzaresponsabile.it, scritto da un consulente finanziario. E quindi potresti chiedermi: “Cosa c’entra lo Shared Value con il mondo della finanza e il tuo ruolo?”.
La finanza non è un mondo a sé. O almeno non lo è la finanza responsabile per come la vedo e la vivo io. E’ una finanza che cerca il profitto non fine a sé stesso. Che persegue l’utile per generare valore, appunto, condiviso. Che vuole dialogare sempre più con le aziende. In particolare con quelle aziende che hanno capito la lezione di Porter e Kramer.
E il mio ruolo non è solo quello di conoscere i mercati finanziari e gli strumenti negoziati. O di comprendere se gli obiettivi di rendimento che i miei clienti si pongono sono compatibili con il livello di rischio che riescono a sopportare. E’ anche quello di conoscere, indagare, approfondire il contesto economico in cui viviamo e che è teatro degli investimenti proposti. In particolare essere aggiornato sulle innovazioni, non solo tecnologiche, ma anche sociali e culturali che influenzano l’andamento dell’economia e dei mercati.
Se sei interessato ad essere affiancato da una figura come la mia, se vuoi capire meglio cosa significa, avere un primo colloquio gratuito, ti invito a scrivermi a mauro.ventura@finanzaresponsabile.it oppure chiamarmi al 3478882027.
E ti auguro di essere sempre più creatore di valore condiviso!