Sostenibilità quotidiana
Continua il racconto del dibattito tenuto durante l’evento dello scorso 21 ottobre c/o Casamia, esempio di una casa sostenibile all’interno dello spazio espositivo di Atrium, a None (TO).
UNICO SERRAMENTI: scelte sostenibili
MAURO VENTURA: Perfetto! Grazie mille Roberto! Dialoghiamo con i padroni di casa di Atrium, con Lorenzo e con Luca. Finora abbiamo affrontato il tema ambientale in maniera più ampia, abbiamo parliamo di scelte di comportamento individuale. Ora ci confrontiamo con due imprenditori in un settore come quello dell’edilizia, della casa, che si collega in qualche modo al mondo della persona. Lorenzo, Unico Serramenti, puoi dirci qualcosa di più della tua azienda? Che cosa vuol dire per voi essere un’azienda che ha intrapreso un percorso di sostenibilità?
LORENZO SPROCATTI: Il tema è come riportare la sostenibilità in azienda. Credo che oggi per un’azienda, come Luca potrà sicuramente confermare, essere sostenibili vuol dire fare delle scelte con la testa e gli occhi proiettati nel futuro. Così come a casa si può scegliere di investire sul futuro ambientale e economico non acquistando più acqua in bottiglie di plastica, nelle aziende si può fare la medesima scelta e quindi per esempio sensibilizzare i nostri collaboratori ed invitarli ad usare la borraccia anziché le bottigliette d’acqua erogate dalle macchinette. Macchinette che ancora oggi, purtroppo, abbiamo per poter offrire un servizio ai clienti, ma che speriamo di eliminare presto. Altro esempio: utilizziamo, per le stampanti, carta riciclata o proveniente da foreste certificate FSC. E queste sono le basi, sono piccoli gesti, anche se tanto piccoli non sono: mi riferisco a ciò che ha detto prima Roberto, a proposito delle bottiglie in plastica dell’acqua consumata in un anno in Italia che possono avvolgere la Terra 24 volte. E poi sicuramente c’è la scelta dei prodotti utilizzati e consigliati al cliente finale, la scelta nello spiegare il corretto utilizzo, ed infine la scelta di erogare in modo sostenibile i servizi che vengono erogati, nel mio caso la posa in opera della finestra.
Risparmiare 4 volte
MAURO VENTURA: Lorenzo, mi riaggancio al discorso dell’offerta nei confronti dei clienti. Parlavamo prima dell’importanza della comunicazione. Io sono un tuo cliente, vengo da te e voglio comprare dei serramenti o delle porte: come mi convinci che il prodotto sostenibile è la scelta migliore?
LORENZO SPROCATTI: Sicuramente prima ti porto a prendere un caffè e facciamo amicizia. Credo di poter trasferire tranquillamente al cliente la convinzione che oggi acquistare un prodotto nel mondo dell’edilizia (io faccio sempre l’esempio del serramento visto che mi occupo di questo) in modo consapevole, fa sì che si possa far risparmiare al pianeta fino a quattro volte. Il primo riguarda il modo in cui le aziende producono il loro materiale: l’energia che utilizzano, le certificazioni ambientali che loro hanno e quant’altro. Il secondo punto è secondo me legato al come producono il prodotto che noi andiamo ad acquistare. Faccio l’ esempio del legno: per poter arrivare a creare una finestra, è necessario sottoporre il legno ad un processo di stagionatura. Se questo processo di stagionatura viene fatto naturalmente è un conto, si hanno un determinato utilizzo di energia ed un determinato impatto ambientale . Se la stagionatura di questo legno viene fatta attraverso un forno si produce CO2 , il forno assorbe energia e quindi il discorso cambia, l’azienda ha un impatto sull’ambiente decisamente più elevato. Il terzo punto è il materiale con cui è stato fatto il prodotto, la finestra in questo caso. Mi riferisco alla “Second Life” del prodotto : al momento dell’acquisto della finestra mi devo preoccupare di cosa succede quando questa diventa immondizia e quindi quanto impatta sull’ambiente. Siccome abbiamo causato problemi acquistando in passato prodotti con superficialità o spinti dal consumismo, dovremmo cominciare a pensare al futuro ed a quello che succederà a ciò che stiamo acquistando oggi. Nel mio caso, la mia è un’ azienda di servizi visto che ci occupiamo anche della posa in opera, e quindi c’è anche la questione dello smaltimento dei serramenti che andiamo a sostituire. Il cliente può decidere di affidarsi a noi, di acquistare una finestra green , ma cosa succede alla sua vecchia finestra che viene sostituita? A me piace fare sempre questo esempio: ogni tanto mi capita di andare in bici per i boschi e trovare ancora sulle strade sterrate cento metri di ciottoli che non sono ciottoli naturali, ma pezzi di macerie di qualche ristrutturazione buttati lì per strada. Anche la consapevolezza del modo in cui viene smaltito ciò che viene sostituito secondo me è importante. Noi separiamo il vetro, il ferro ed il legno. Ci sono aziende che raccolgono questo legno, non sono delle discariche, che si occupano di raccoglierlo e di rimetterlo in circolo. Quindi, da cliente, aver la consapevolezza forse di fare queste tipologie di scelte ad oggi qualcosa,se non molto, può cambiare.
MAURO VENTURA: Mi parlavi nei giorni scorsi di un esempio delle 57 porte…
LORENZO SPROCATTI: Sì, c’è un’ azienda che raccoglie i rifiuti legnosi per poi rimetterli in commercio. Noi collaboriamo con loro da circa un anno e ci faceva piacere avere un dato in più e quindi abbiamo fatto un calcolo. Visto che la loro produzione finale è più indirizzata al mondo dei mobili, abbiamo calcolato che con circa 57 finestre in legno riescono a produrre una cucina di 4 metri lineari. Secondo me è interessante capire dove andranno a finire i nostri rifiuti.
Il sistema bancario cosa fa?
MAURO VENTURA: Direi che puoi passare tu la palla a Luca, visto che, quando si parla di mondo dell’edilizia, chi non si occupa direttamente di edilizia e magari ha fatto una ristrutturazione in casa vede polvere, rifiuti , o riprendendo ciò che dicevi tu ciottoli lungo la strada.
LUCA BERARDO: Visto il contesto in cui ci troviamo, diciamo domestico (n.d.r. “Casa Mia” è un allestimento fatto in Atrium per mostrare ai clienti il risultato finale di una ristrutturazione) mi permetto di fare quattro chiacchiere in libertà, Voglio introdurre un tema ed essere provocatorio, anche perché penso che chi ci sta ascoltando voglia sentirci dialogare. C’è un invitato che manca nel nostro salottino ed è l’elemento finanziario economico, nel senso che la sensibilità di cui stiamo parlando indubbiamente costa di più. Questo è un tema spinoso perché io dovrei affrontarlo smitizzandolo, dicendo che non è vero. In realtà voglio essere provocatorio visto poiché il salotto è secondo me il contesto giusto per stimolare questa riflessione. Produrre con quelle attenzioni costa di più. Quindi sappiamo che andiamo verso un mondo dove il prodotto costerà di più. Sappiamo che per un’azienda, per una fabbrica, l’investimento in impianti sostenibili, che produrranno i beni secondo i criteri che abbiamo detto, ha un arco temporale di ritorno dell’investimento lungo, quindi poggia su una sensibilità che arriverà nel tempo. Quindi alla base dobbiamo sapere che è possibile un aumento del prezzo del prodotto. Ora, secondo me, attorno a questo aspetto dovremo capire come ce la giochiamo, come si gioca con la comunicazione, come se la devono giocare i negozi ,come se la gioca tutta la filiera edile. In che modo la filiera edile realmente può affrontare quel tipo di sensibilità andando verso un aumento del fattore della produzione? Quindi, abbiamo assistito alla crescita del valore al metro quadro però non abbiamo capito tanto perché ; sì, ci siamo detti che c’è stata una rivalutazione immobiliare e che ci sono state altre ragioni storicamente differenti. Però adesso assistiamo a una corsa, perché sale questo valore? Se salisse perché sto costruendo con un’attenzione differente, allora magari riuscirei a giustificarlo e riuscirei anche ad accettarlo. Se sale in maniera acritica penso salga per l’abilità di qualcuno, il banchiere di turno, il costruttore di turno ecc. ecc. e non riesco a percepirlo. Però introdurre, sdoganare quel tema penso che sia necessario. Ma allora domando: il mondo bancario è pronto a finanziare l’acquisto di una casa che è stata fatta con quel tipo di accortezze dandomi più soldi? Non lo so. Quindi la banca capisce che se io compro da Lorenzo un serramento prodotto nel rispetto di quei criteri lo pago di più di un serramento fatto senza quei criteri? Quindi tu banca riesci a seguire questo mio discorso? Perché a me sta bene che una quota dei vostri investimenti vada nelle aziende diventate B Corp, sono felice per loro. Ma siete in grado di finanziare un acquisto consapevole fatto da me in quanto consumatore? Siete in grado oggi di finanziare un mio acquisto non per quanto guadagno, ma per quanto non spenderò in futuro? La mia domanda è questa. Quindi la banca è pronta ad affrontare questo? Oppure la banca stessa mi fa un bel greenwashing suo, dei suoi comportamenti che sono tutt’altro che sostenibili, parlo da ex uomo di finanza di fusioni/acquisizioni per anni a Parigi, quindi parlo da pentito di quel tipo di finanza pre-Lehman Brothers. Mi chiedo se la banca oggi è pronta realmente a far entrare in Atrium clienti che mi dicono: ” Sai che ho trovato un bancario che è pronto ad intraprendere un percorso di finanziamento del mio acquisto di casa se rispetto i criteri di sostenibilità”. Ad oggi non è così. Mi piacerebbe vedere se il mondo bancario è pronto per la trasformazione. Se questa trasformazione parte dalla base, il comportamento virtuoso avrà una sostenibilità finanziaria ed economica e pertanto l’unico switch che devo fare è la consapevolezza mia, come persona. Se cambia il modo di comunicarlo, come diceva prima Roberto, è possibile che la somma di questi due pezzi produca un consumatore più consapevole, che può permettersi di essere consapevole. Questo è il tema che mi piacerebbe tanto introdurre.
MAURO VENTURA: Hai toccato due temi. Riprendo un passaggio fatto durante la prima parte di questo incontro quando ho fatto vedere una slide in cui si parlava dell’azione. L’azione è rappresentata dall’immagine di uno scalatore. Ho detto che la sostenibilità non è un obiettivo, ma un semplice percorso, un percorso che costa. Quindi siamo allineati nel dire che la sostenibilità nell’immediato ha un costo. Per quanto concerne il mondo bancario ed il fatto che sia preparato o meno alla trasformazione di cui hai parlato, non posso risponderti in quanto io non sono il mondo bancario, sono un consulente finanziario che poi si occupa principalmente di investimenti . Hai anche toccato un tema molto importante, quello del greenwashing ,che riguarda anche il mondo finanziario, che però avrebbe bisogno di un webinar specifico. Ti posso dire che, per quello che vedo dal mio piccolo osservatorio, non ho la tua esperienza a livello internazionale, il mondo bancario sta andando a rivedere al ribasso il costo del denaro per chi vuole fare delle scelte di carattere sostenibile: quindi se hai bisogno di un finanziamento per un acquisto sostenibile la banca riduce il costo del denaro.
LUCA BERARDO: Riducimi il costo, va bene lo stesso.
MAURO VENTURA: Poi ci sono regole che non fanno solo le banche che riguardano la solvibilità, l’accantonamento e via discorrendo. Però anche le banche iniziano a percorrere la strada della sostenibilità, come diceva prima Roberto, chiedendo alle aziende anche il bilancio di sostenibilità, quindi informazioni extra finanziarie. Da lì danno un rating ed il costo del denaro.
LUCA BERARDO: Io però non mi riferisco tanto a come le banche finanziano le aziende. Io parlo dell’utente finale cioè di quello che acquista il bene immobiliare, che deve comprare la cucina, i mobili e delle difficoltà che può incontrare nell’accesso al credito. Probabilmente si dovrebbe cominciare a finanziare qualcuno non in base a quanto guadagna oggi ma in base a quanto andrà a risparmiare domani acquistando un bene sostenibile. Ovviamente mi riferisco agli acquisti immobiliari perchè rientrano nella mia professione, non entro nelle sfere di altre tipologie di acquisti . Quindi, secondo me, è importante pensare a quanto quel bene non costerà nel futuro, a quanto il cliente potrà risparmiare nel futuro. E’ un cambio di paradigma totale.
MAURO VENTURA: Penso che sia un cambio di sistema, forse la sola banca non riesce a fare questo tipo di discorso. Ci deve essere un dialogo fra tutti quelli che portano avanti questo discorso, un dialogo di filiera. Mi piacerebbe parlare del progetto di cui tu stai portando avanti, quello sulla filiera dei rifiuti edili.
Edilizia e economia circolare
LUCA BERARDO: Il progetto si chiama REC (recupero edilizio circolare). I magazzini edili non hanno mai avuto un progetto di economia circolare, nascono come depositi. La funzione primordiale del magazzino edile era: arriva un camion che scarica un bancale di merce che viene caricata su un altro camioncino. Oggi i magazzini si sono evoluti, sono molto diversi dai primi tempi, la mia è una semplificazione per essere sintetico. Come si introduce l’economia circolare all’interno? Raccogliendo i rifiuti della piccola ristrutturazione. Questo è molto più evidente nelle grandi città che non nei piccoli centri, ma è solo una questione di volumi, maggiori nei grossi centri. Ci siamo resi conto (uso il plurale perché mi riferisco alla Federazione dei distributori di materiali edili) che nell’ambito della piccola ristrutturazione il modo di portare via i rifiuti era abbastanza pittoresco: la maggior parte delle macerie finivano nelle pattumiere normali, quindi finivano nelle discariche normali, non c’era tutta la trafila dei centri di recupero, di macinazione ecc. ecc.. Quanto costa alla collettività una cosa del genere? Abbiamo stimato che solo per il comune di Roma costa circa 4 milioni l’anno, una cifra che può anche essere considerata irrisoria su un bilancio di un ente pubblico, di un Comune, però sommala per tutte le realtà in Italia… Noi abbiamo preso Roma perché era più semplice fare una stima su una grande città, Milano non è tanto differente, anzi, forse il costo sarà anche più alto, idem Torino, ecc. ecc. Anche grazie ad una modifica normativa che da settembre ha permesso la creazione dei centri intermedi di raccolta, dei centri propedeutici alla raccolta, è possibile far sì che un magazzino edile diventi una delle realtà che raccoglie e divide tutta una serie di rifiuti derivanti dalla piccola e media ristrutturazione. Ovviamente possono usufruire di questo servizio solo quelle imprese edili hanno già il formulario ( N.d.r. F.I.R. – formulario di identificazione dei rifiuti- si tratta di un documento accompagnatorio del trasporto dei rifiuti che contiene informazioni sui rifiuti, la loro provenienza, il loro trasporto in discariche specializzate nel relativo smaltimento eseguito a norma di legge). Il magazziniere quindi divide i rifiuti, li pesa e si occupa della tenuta documentale informatica. Come REC diamo anche gli strumenti informatici affinché vi sia una tenuta documentale precisa di quelli che sono i vari rifiuti raccolti. In questo modo i dati raccolti avranno una trattazione oggettiva e quindi possiamo capire realmente di cosa stiamo parlando, di quanto stiamo parlando, ecc. C’è poi un collegamento con i centri di smistamento e di recupero e quindi un ulteriore collegamento con i produttori di materiali edili che possono recuperare questo prodotto e rimetterlo in circolo come un prodotto riciclato. Sono stato veramente molto sintetico, vi invito a visitare il sito Internet consorziorec.com per vedere quello che facciamo, adesso non entro nel dettaglio. E’ importante per me farvi capire che anche il magazzino edile sta cercando di giocare il suo ruolo nell’ambito dell’economia circolare, sta cercando di fare la propria parte. Come ha detto prima Lorenzo, ognuno può fare la propria parte, e quindi anche queste realtà che sembrano solo depositi di prodotto. Questo diventa importante quando le banche chiedono quali sono i progetti di economia circolare di un’ azienda, perché il bilancio di sostenibilità non è appannaggio di tutte le realtà, non lo è per le aziende più piccole. E’ importante per poter portare avanti dei progetti che hanno la scintilla dell’ economia circolare . Ed infine diventa importante per creare quella consapevolezza nell’utente finale, che sia un artigiano che sia la signora Maria poco importa, basta che diventi diffusa, che diventi mainstream.
MAURO VENTURA: Grazie mille Luca
Il giusto prezzo della sostenibilità
LUCA BERARDO: Se posso, faccio un ultimo intervento. Copertina dell’Economist, due numeri fa: c’era uno scaffale con una mela sopra, l’era della scarsità. Il provocatore editoriale, mi rivolgo soprattutto a Roberto, ad certo punto diceva: ma non è che adesso si darà colpa della scarsità del prodotto al fatto che si sono cercate fonti alternative per produrlo? Perché sarebbe un ritorno indietro. Però la tentazione c’è. Come la evitiamo? Come facciamo a far sì che non si possa dire: ” Hai visto? Tutta questa attenzione all’ambiente e poi non ho il prodotto?” Dobbiamo evitarla come la peste, altrimenti torniamo indietro da morire. Era provocatoria però può serpeggiare, come la combattiamo?
ROBERTO CAVALLO: Ho annotato tutte le tue domande provocatorie, perché la provocazione, nella sua etimologia, è il bello del dibattito, evoca la discussione. Riparto dalle battute che hai fatto prima sul discorso della spesa. Oggi sull’utente finale il discorso spesa ha due termini : uno un po’ giudicante e l’altro di paragone. Parto dal termine di paragone. Oggi l’alternativa non sostenibile costa troppo poco: questo è il tema. Io l’ho affrontato con gli agricoltori. Se oggi coltivo un ettaro e viene un promotore finanziario che mi dice di mettere il fotovoltaico a terra perché rende di più, il problema non è il costo del fotovoltaico a terra. Il problema è che mi pagano troppo poco quello che coltivo. Se io vado al supermecato X Y, e compro un epilatore a € 9,99 sto comprando un rifiuto: questo è il tema. Non cadiamo nel tranello affermando che oggi il Green costa di più. Costa di più perchè lo paragoniamo a prodotti che costano poco. Dobbiamo essere consapevoli di ciò. Per far sì che si possano interiorizzare questi meccanismi ,che oggi sono lontani e come diceva prima Luca ci portano a giustificare i comportamenti poco virtuosi, si deve far pagare di più il prodotto che ha il costo troppo basso. Se facciamo così, abbiamo vinto la partita. E’ vero: la transizione ecologica oggi costa, ma costa perché la non-transizione costa troppo poco. Oggi chi inquina non paga, sappiamo bene che qui sta il nodo, è qui che dobbiamo tenere la barra dritta. Il secondo tema è un po’ più giudicante. Noi possiamo dire che oggi come utenti stiamo spendendo tanto denaro per acquistare altre cose. Chi di noi oggi, ad esempio, può fare a meno dello smartphone… Proviamo a guardare la cosa al contrario. Acquistare da Atrium un mobile, che è più green, che dura di più, costa di più. Bene, proviamo a ragionare al contrario: andare a piedi costa molto meno che comprare un’auto. Chi è che rinuncia all’auto per andare a piedi? Il tema è di nuovo lì : chi vende auto è più bravi a comunicare. Oggi fortunatamente un po’ meno, ma c’è stato un periodo, dieci anni fa in cui se non avevi il SUV eri uno sfigato. Io non sono di quelli che dicono che quelli che producono il SUV sono cattivi; dico che stati bravi a comunicare che non possedere un SUV era da sfigati. Quindi io dico che devono essere bravi quelli che fanno prodotti sostenibili ad essere competitivi anche nel sentiment. Quindi vinco due volte se faccio pagare di più l’alternativa all’ epilatore green e rendo accattivante, rendo figo bere acqua del rubinetto. Accetto la provocazione di Luca proprio perché mi interessa lavorare su questi temi. Concludo dicendo che qualcosa sta passando. Pensiamo al mondo del PNRR. Parlando di rifiuti sono stati appena pubblicati i decreti del Pnrr, che ho dato una mano a scrivere, che ne finanziano la gestione, e c’è scritto a caratteri cubitali “No inceneritori, no discariche, no impianti di trattamento del residuo” “Sì alle differenziate, si agli impianti per lo smaltimento plastiche, tessili, RAEE” Vuol dire che qualcosa sta cambiando anche nella testa.