Ormai penso che tutti conoscano il significato dell’acronimo ESG: Environment, Social, Governance (Ambiente, Sociale, Modello di Governo). Applicare i criteri ESG in finanza significa dare un “peso finanziario” a queste tre componenti.
Si tratta di fattori che generano rischi in maniera sempre crescente (basti pensare al “climate change”). La parte più difficile resta quella di monetizzare tali rischi e tali influenze in modo da ottimizzare la resa degli investimenti e metterli al riparo da conseguenze anche molto negative.
Vi sono due strumenti che possono “aiutare la causa” e trasformare l’incertezza in opportunità: un consulente finanziario formato in materia con l’ausilio di programmi informatici efficaci.
Una gestione patrimoniale accorta in tal senso è sicuramente una scelta vincente.
COSA E’ SUCCESSO NEL 2017 A PROPOSITO DI ESG?
Qualche dato ed una piccola statistica aiutano a capire di cosa stiamo parlando, a che punto siamo e dove si vuole arrivare.
Nel corso del 2017, sono stati lanciati sul mercato Europeo 154 fondi comuni aperti (prodotti di risparmio gestito molto diffusi in Italia e all’estero, costituiti da un patrimonio alimentato dai versamenti da parte dei sottoscrittori e gestito in maniera unitaria da una Società di Gestione del Risparmio-SGR. Il loro patrimonio varia continuamente nel tempo ed è diviso in quote. Sulla base delle esigenze del sottoscrittore, il gestore decide di investire in uno strumento finanziario piuttosto che in un altro) e 12 Etf (fondi d’investimento che si differenziano dai precedenti perché sono negoziati come le azioni ed hanno come obiettivo quello di replicare gli indici di riferimento. Hanno una gestione cosiddetta “passiva”), per un totale di 166 strumenti d’investimento dichiaratamente “socialmente responsabili”. Di questi, 23 sono stati lanciati anche sul mercato italiano.
In campo azionario, si contano 78 nuovi fondi, di cui 8 Etf. Sul totale espresso, 18 sono state le emissioni per il mercato europeo.
Passando all’obbligazionario, si sono avuti 31 nuovi lanci, di cui 11 dedicati ad emissioni in Euro e 5 ai titoli emessi in franchi svizzeri.
In ultimo abbiamo i fondi bilanciati (fondi che hanno una compresenza di azioni e obbligazioni in percentuale variabile). Nel 2017 ci sono state 49 nuove emissioni.
…ALLORA CHE FARE? ESG SI’ O ESG NO?
Tutti i dati enunciati fanno riferimento a società, fondi, e soluzioni d’investimento sostenibili, ovvero che hanno deciso di applicare l’analisi dei fattori ESG alla loro attività, ritenendoli ormai imprescindibili per una buona gestione finanziaria ed un servizio da “offrire” alla propria clientela.
Le componenti ESG stanno pian piano entrando nel DNA del mondo finanziario e dei suoi prodotti. Sebbene il trend sia positivo (si calcola che l’80% circa degli investitori istituzionali inseriscano i criteri ESG nelle strategie d’investimento), non siamo ancora del tutto giunti ad un livello di piena sufficienza per poter dire che il mondo finanziario abbia finalmente recepito l’importanza di questi aspetti. Basti pensare che, nel solo mercato europeo, sugli oltre 40mila tra fondi ed Etf, solamente 1.800 includono i parametri ESG nelle loro strategie d’investimento.
È nello stesso tempo confortante vedere come l’industria finanziaria stia approntando non solo singoli strumenti di finanza sostenibile, ma anche strutture di gestione patrimoniale orientate all’universo ESG: in questo modo sarà possibile soddisfare anche le esigenze di diversificazione di clientela con patrimoni rilevanti e degli investitori istituzionali.
La strada è stata aperta e i primi risultati cominciamo ad arrivare: ogni lungo cammino che porta ad una meta importante è fatto di piccoli passi. Ciò che conta è proseguire lungo questo percorso e, soprattutto, non tornare indietro.
La situazione vincente è fatta da un consulente ed una società di gestione competenti in sostenibilità ed un cliente “illuminato”. Insieme possono davvero fare la differenza e innescare grossi cambiamenti.