I 4 pilastri di un’ azienda sana
“Noi produciamo valori”. Con questo slogan Amanzio Rastelli, alias Callisto Tanzi, risponde al suo neo direttore marketing che gli sta recitando, come una litania, l’elenco dei prodotti di punta della LEDA – Latte e derivati, alias Parmalat.
È una scena del film “Il Gioiellino”, diretto da Andrea Molaioli, e ben interpretato da Remo Girone, Toni Servillo e Sarah Felberbaum.
Il film ripercorre le vicende del gruppo emiliano, che ha vissuto una crescita importante da un punto di vista industriale e commerciale, purtroppo non accompagnata da una struttura finanziaria equilibrata. E che per cercare di rimanere a galla ha messo in piedi una vera e propria truffa ai danni di decine di migliaia di risparmiatori e dell’intero sistema economico-finanziario italiano.
Lascio a te la visione del film, disponibile in streaming, senza “spoilerarti” trama e contenuti.
Ho avuto il piacere di conoscere questo film, uscito nel 2011, quando nel 2015 ho frequentato il corso di “Finanza Civile” organizzato dalla Scuola di Economia Civile.
L’ho rivisto la scorsa settimana: e mi ha dato modo di attualizzare le riflessioni fatte alla prima visione. E di aggiungere nuove considerazioni che voglio condividere con te.

UN’AZIENDA E’ FATTA DI PERSONE
Colpiscono le distorsioni di una conduzione dell’azienda basata sulla presenza di forti individualità. Un fondatore carismatico che fonda un impero in cui, all’azienda principale, si affiancano una squadra di calcio, un giornale, un tour operator. Che è l’eroe e benefattore a cui stringere la mano la domenica quando passeggia per le vie del centro cittadino. Che frequenta politici e prelati che credono di vedere in lui un esempio dell’impresa ad impatto positivo sul territorio. E che fatica ad accettare le difficoltà che l’azienda deve affrontare. Rischia così di sottovalutare i problemi per poi esserne travolto. E, nel tentativo di risolverli, si indebita sempre di più e rilascia in alcuni momenti deleghe in bianco ai propri collaboratori, in rapporti di fiducia mal riposta.
In particolare nei confronti del Direttore Finanziario, Ernesto Botta, alias Fausto Tonna. Personaggio ambiguo, cinico, introverso, collerico, senza scrupoli. E soprattutto solo. Una solitudine figlia delle spigolosità e negatività del suo carattere? O viceversa? Impossibile dirlo. Sicuramente un circolo vizioso che, in una persona con responsabilità così alte, porta anche l’azienda a comportamenti scorretti. Con magheggi di bilancio che ingannano gli investitori dopo la quotazione in borsa. Fino all’apice finale sintetizzata dall’affermazione “Se i soldi non ci sono, inventiamoli”
L’unica compagnia che allevia la solitudine del ragionier Botta è quella di Laura. Nipote di Rastelli, giovane neolaureata in Economia con esperienze internazionali, lo affianca nella direzione finanziaria. E dopo i primi contrasti, diventa sua compagna d’ufficio e di letto, evidenziando le debolezze del manager. Che piuttosto di ammettere i propri errori, afferma “un uomo deve avere il coraggio dei propri vizi”.

COSA DEVI CERCARE NELLE AZIENDE IN CUI INVESTI
Sicuramente il film evidenzia come non deve essere la governance di un’azienda sana.
E allora vediamo i requisiti che deve avere un’azienda in cui investire senza pensieri.
- Trasparenza e comprensibilità: l’azienda deve essere trasparente al suo interno e nei confronti del mercato. E l’esposizione dei dati e delle situazioni non deve essere un fiume in piena che travolge chi li riceve, confondendone le idee. Deve favorirne la comprensione e dare un quadro chiaro della situazione in cui si trova e delle prospettive future.
- Generare liquidità e avere un rapporto corretto fra debiti e capitale proprio: senza entrare nelle tecniche dell’analisi di bilancio, è importante capire se la gestione operativa corrente della società porta o drena liquidità in cassa. E fare molta attenzione se i debiti sono più del doppio del capitale proprio dell’azienda (meglio rimanere nell’intorno di un rapporto pari a 1)
- Essere condotta da manager competenti, onesti, capaci di lavorare in team, equamente remunerati, con obiettivi a medio-lungo termine: non è sufficiente la competenza tecnica, sicuramente necessaria. Occorre un’importante componente etica e la capacità di lavorare in stretta sinergia con i propri collaboratori. Si discute spesso e a ragione dell’eccessivo divario fra gli stipendi delle figure apicali e delle fasce più basse della gerarchia dei lavoratori di un’azienda. Nello stesso tempo occorre che i manager siano fidelizzati all’azienda anche con una corretta politica retributiva, in modo da poter garantire la continuità della gestione aziendale. Come? Con un sistema premiante che si basi sul raggiungimento di obiettivi a medio-lungo termine. Che non tenga conto solo di variabili quantitative ma anche di aspetti extra-finanziari, quali l’impatto ambientale e sociale dell’operatività aziendale. Che si fondi più sulla logica del premio, della gratuità, del dono inaspettato a fronte dei buoni risultati raggiunti, piuttosto che sull’incentivo rispettivo all’obiettivo sfidante, che genera competitività ed ansia in chi lo deve raggiungere.
- Un ultimo, ma non meno importante elemento: l’impresa deve essere capace di guardare all’esterno, di non cadere della trappola dell’autoreferenzialità , di dialogare col territorio, con i clienti, fornitori e con le aziende concorrenti, che diventano così colleghe e non competitors. Essere rete è indispensabile per amplificare l’impatto positivo, per essere generativi e superare insieme anche i momenti difficili.
Allora ti auguro una buona visione del film! Ti invito a condividere con me le tue considerazioni scrivendomi all’indirizzo info@finanzaresponsabile. E a contattarmi se vuoi fare entrare aziende sane all’interno del tuo portafoglio finanziario