“Gli effetti di una cattiva alimentazione”…non vi preoccupate, non avete sbagliato blog, né io ho cambiato professione.
Semplicemente l’argomento ha un’elevata importanza anche in campo finanziario.
In questo articolo, quindi, vorrei parlarvi degli effetti finanziari di un ciclo produttivo profondamente dannoso che può causare problemi alla salute e al portafoglio.
Nel corso degli ultimi anni, quante volte si è sentito parlare di cosa bisogna mangiare, di cosa evitare, come sia necessario modificare il proprio concetto di alimentazione. Il tutto in funzione di un maggior benessere fisico. Ora quel benessere non è più solamente fisico. La metodologia di produzione alimentare influisce abbondantemente in modo positivo o negativo sul pianeta e la finanza.
Una produzione “sconsiderata”, non rispettosa dell’ambiente e degli animali ha un peso crescente nelle valutazioni degli investitori.
Le criticità di un’insana alimentazione e produzione
Un’alimentazione errata è figlia di una produzione agro-alimentare errata. Un fattore altamente “critico” sono gli allevamenti intensivi, che causano problemi e rischi di difficile soluzione. Per rischi intendo anche quelli dal punto di vista ESG.
Alcuni di questi rischi, come rileva un report di FAIRR (Farm Animal Investment Risk&Return) sono lo stress idrico, le condizioni di lavoro, la salute animale e di conseguenza umana, il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, l’elevato utilizzo di proteine animali a discapito di quelle vegetali.
Gli allevamenti intensivi sono tra i principali fautori di emissioni “climalteranti” e, dal punto di vista ESG, si evidenziano più di 20 aspetti critici.
Lo stress idrico è un aspetto scarsamente considerato dalla maggioranza delle industrie alimentari, all’interno della loro filiera produttiva. Tuttavia incide profondamente sull’ecosistema.
Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza è l’inefficacia degli antibiotici su organismi animali e umani in conseguenza di un abuso degli stessi. L’utilizzo di tali farmaci è devastante per due motivi:
- sono utilizzati per la crescita e non per la cura di malattie (di conseguenza, anche l’uomo, cibandosi della carne così trattata, è vittima di questo fenomeno);
- la dispersione di questi medicinali nelle acque reflue e il conseguente inquinamento delle falde.
Chiaramente il grosso problema è che le aziende alimentari, quelle della grande distribuzione ed i ristoranti sono ancora troppo poco consapevoli e quindi “attenti” a questi aspetti.
Alimentazione e finanza: progetti e prospettive
Finalmente qualcosa si sta muovendo e, per le industrie del settore agro-alimentare, sarà sempre più difficile “eludere” le proprie responsabilità. La mancanza di controllo della filiera produttiva in ottica ESG e SDGs e la conseguente rendicontazione fa sempre più la differenza per un investitore attento.
In quest’ambito, FAIRR ha avviato nel 2016 un progetto di coinvolgimento di investitori e industrie nel campo dell’alimentazione globale. FAIRR ha dapprima contattato 57 investitori e 16 grandi gruppi di produzione e commercializzazione alimentare (di cui 13 hanno risposto). Le industrie sono state individuate in base alla loro esposizione ai problemi elencati e alla reattività agli andamenti di consumo.
Nel 2017, si è avviata una fase di approfondimento per capire che cosa queste aziende avessero fatto per valutare i rischi e ridurre le produzioni da allevamenti intensivi. Solo la metà delle aziende ha accettato di incontrare gli investitori.
Il risultato del progetto è stato:
- “la maggior parte delle aziende non ha un programma significativo per tracciare, rendicontare e ridurre le emissioni della supply chain (filiera produttiva) legata all’agricoltura”
- solo 6 aziende hanno obiettivi in merito (M&S, Tesco, Walmart, General Mills, Nestlé, Unilever)
- le restanti aziende sono fortemente esposte per carne e latticini (proteine animali) e non affrontano l’impatto sociale che ne deriva con la propria filiera. Ciò determina maggiori rischi nel futuro che non riusciranno a fronteggiare ed una valutazione negativa per gli investitori
- solo Tesco, M&S, Nestlé e Unilever affrontano il problema delle proteine animali e la riduzione di carne e latticini per rendere più sicuro il business
- solo Nestlé e Unilever calcolano la percentuale di proteine animali e vegetali.
Ad oggi continuano ad esserci poca trasparenza e rendicontazione circa catena produttiva e gestione del rischio. Tutto ciò non aiuta gli investitori a prendere decisioni consapevoli. Soprattutto nel campo dell’alimentazione. In futuro non si può che migliorare! E più saremo consapevoli di questi aspetti, più probabilmente il cambiamento partirà dal basso.