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Home›prima pagina›Vade Retro, Greenwashing!

Vade Retro, Greenwashing!

By webmasterfr
Maggio 30, 2025
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Negli ultimi anni, la finanza sostenibile ha conosciuto una crescita esponenziale. Sempre più fondi, banche e gestori si presentano come “green”, “responsabili”. Una buona notizia? In parte sì. Ma con l’aumento dell’offerta è cresciuto anche un rischio: quello del greenwashing.

Il termine – che potremmo tradurre come “ambientalismo di facciata” – indica tutte quelle pratiche comunicative o commerciali che danno un’immagine sostenibile senza un reale impegno sottostante. E nella finanza, il greenwashing può assumere molte forme: da una semplice etichetta fuorviante a una costruzione artificiosa di portafogli solo formalmente ESG.

 IL GREENWASHING NON È SOLO TRUFFA: È ILLUSIONE

Il problema del greenwashing non è sempre l’inganno deliberato. Spesso è più sottile: è l’illusione che basti la parola “sostenibile” per fare una scelta responsabile. È l’idea che ESG sia una garanzia in sé, senza chiedersi cosa c’è dentro quell’acronimo.

Questo atteggiamento rischia di minare la fiducia degli investitori, alimentare il cinismo (“sono tutti uguali”) e – cosa più grave – rallentare la vera transizione ecologica e sociale dell’economia.

5 SEGNALI D’ALLARME A CUI PRESTARE ATTENZIONE

Smascherare il greenwashing richiede attenzione, spirito critico e una buona guida. Ecco 5 segnali da non sottovalutare:

1. Etichette troppo vaghe

Se un prodotto finanziario si definisce “verde” o “etico” senza spiegare *come* e *in base a quali criteri*, è lecito essere sospettosi. Le parole contano poco se non sono accompagnate da dati.

2. Assenza di criteri ESG chiari

Un fondo ESG dovrebbe indicare chiaramente come seleziona i titoli: esclude certi settori? Premia certi comportamenti? Si basa su standard europei (SFDR, Taxonomy)? Se queste informazioni non sono accessibili, c’è poca trasparenza.

3. Uso ambiguo della terminologia

A volte vengono usati concetti come “climate-friendly” o “sustainable” in modo decorativo, senza alcun legame con le metriche ambientali reali. Il fatto che un’azienda abbia un “obiettivo net zero” nel 2050 non significa che oggi stia agendo in modo coerente.

4. Scelte contraddittorie nel portafoglio

Ci sono fondi che si definiscono “a impatto” ma detengono in portafoglio società con pesanti controversie ambientali o sociali. A volte, dietro una quota di titoli “verdi”, c’è una larga parte investita in attività tutt’altro che responsabili.

5. Reporting poco chiaro o assente

Se un fondo non pubblica regolarmente un report ESG o se lo fa ma in modo generico, senza indicatori concreti (emissioni, diritti umani, governance…), è difficile valutarne la coerenza.

CHE COSA PUÒ FARE L’INVESTITORE (E IL CONSULENTE)

La buona notizia è che oggi abbiamo a disposizione strumenti concreti per difenderci dal greenwashing, e che la normativa europea – con SFDR, Tassonomia e CSRD – sta spingendo verso una maggiore trasparenza. Tuttavia, questo non basta: serve anche un atteggiamento più consapevole da parte di chi investe, e una consulenza che sappia davvero guidare in questa complessità.

Per prima cosa, è importante non fermarsi all’etichetta. Chiedere cosa si intenda, nel dettaglio, quando un prodotto si definisce “sostenibile” non è pignoleria, ma un atto di responsabilità. L’investitore ha tutto il diritto di farsi spiegare come vengono selezionati i titoli, quali sono i criteri ESG adottati, che tipo di impatto si vuole generare e su quali basi.

Anche la documentazione va letta con attenzione: un fondo che si definisce “etico” ma non pubblica report ESG o lo fa in modo vago, senza indicatori misurabili, lascia spazio a dubbi legittimi. E quando il portafoglio presenta scelte contraddittorie – ad esempio la presenza di aziende note per le loro controversie ambientali – è giusto interrogarsi e chiedere chiarimenti.

In tutto questo, il consulente finanziario può svolgere un ruolo chiave: non tanto come selezionatore di “prodotti ESG”, ma come facilitatore della comprensione, come ponte tra i dati tecnici e i valori personali dell’investitore. Non si tratta di cercare la perfezione assoluta – che non esiste – ma di pretendere coerenza, chiarezza e impegno concreto.

INVESTIRE BENE SIGNIFICA ANCHE SCEGLIERE CON CONSAPEVOLEZZA

Fare finanza sostenibile non è solo scegliere i titoli giusti, ma costruire un percorso coerente con i propri valori. Evitare il greenwashing non è un esercizio per esperti: è una forma di rispetto per se stessi, per il proprio denaro e per il futuro che vogliamo contribuire a costruire.

Per questo è importante andare oltre la superficie. E affidarsi, quando serve, a chi ha gli strumenti e la sensibilità per accompagnarci nella scelta.

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