Che emozione, il denaro!
Parlare di denaro è sempre parlare anche di emozioni. Che lo vogliamo o no, i soldi toccano corde profonde: sicurezza, controllo, fiducia, aspettative. E quando investiamo, queste emozioni non si spengono. Al contrario, spesso si amplificano.
Anche chi studia grafici, analisi, scenari macroeconomici non è immune. La razionalità ha dei limiti, soprattutto quando ci troviamo davanti a eventi inaspettati, notizie allarmanti, o semplicemente alla paura di perdere ciò che abbiamo costruito.
È qui che entra in gioco la “finanza comportamentale”: un campo di studio che unisce economia e psicologia per capire come prendiamo decisioni finanziarie, e perché spesso lo facciamo in modo tutt’altro che razionale.
SIAMO TUTTI “IRRAZIONALI” (MA IN MODO PREVEDIBILE)
La finanza comportamentale parte da una constatazione semplice ma rivoluzionaria: “gli esseri umani non si comportano come calcolatori perfetti”. E non è un problema di ignoranza. È che siamo fatti così: usiamo scorciatoie mentali (i cosiddetti “bias”), reagiamo a stimoli emotivi, ci facciamo influenzare dal contesto e dagli altri.
Un esempio classico? La paura di perdere. Molti studi hanno dimostrato che il dolore per una perdita è molto più intenso del piacere per un guadagno equivalente. Questo ci porta spesso a fare scelte troppo prudenti, o a vendere in preda al panico proprio nei momenti peggiori.
Oppure c’è l’euforia del guadagno, che ci spinge a rischiare di più quando le cose vanno bene, dimenticando che i mercati non salgono per sempre. O ancora, il cosiddetto “herding”, il comportamento da branco: investo (o disinvesto) solo perché lo fanno tutti gli altri.
QUANDO L’EMOZIONE GUIDA, LA STRATEGIA SI PERDE
Queste dinamiche non sono solo affascinanti da studiare: hanno conseguenze reali. Possono farci accumulare meno di quanto potremmo. O farci rinunciare a investire, per paura. O portarci a inseguire mode del momento, senza una bussola.
E questo vale anche per chi vuole investire in modo sostenibile. Perché anche lì le emozioni giocano un ruolo forte: il desiderio di “fare la cosa giusta”, la paura di essere ingenui, la delusione davanti a notizie contraddittorie su presunti fondi “green” che poi non lo sono davvero.
Per questo, “un buon investimento non è solo quello con i rendimenti più alti”. È quello che sappiamo sostenere nel tempo, che ci fa dormire tranquilli, che è coerente con chi siamo. E questo richiede consapevolezza – non solo dei mercati, ma di noi stessi.
IL CONSULENTE COME ALLEATO EMOTIVO
Chi pensa che il lavoro del consulente finanziario sia solo “fare i conti” si sbaglia. Un bravo consulente ascolta, interpreta, accompagna. Aiuta il cliente a “non farsi travolgere dalle emozioni”, ma nemmeno a ignorarle. Perché l’obiettivo non è diventare freddi e razionali a tutti i costi. È riconoscere le emozioni e integrarle in un processo decisionale più equilibrato.
In fondo, la consulenza finanziaria responsabile è anche questo: “non costruire solo portafogli”, ma costruire fiducia, lucidità, pazienza.
CONOSCERSI PER INVESTIRE MEGLIO
La finanza comportamentale non è una moda accademica: è uno specchio. Ci mostra che “investire bene parte da dentro”. E che solo conoscendo i nostri automatismi, le nostre paure, i nostri desideri profondi possiamo costruire strategie che durino nel tempo.
Perché il futuro non lo controlliamo. Ma possiamo decidere con quale atteggiamento vogliamo affrontarlo.