Distinguere per scegliere
Oggi sempre più fondi e strumenti finanziari si dichiarano “a impatto sociale”. Promettono di migliorare la vita delle persone, sostenere l’economia reale, contribuire a una società più giusta. Intenti nobili, certo. Ma come possiamo sapere se quell’impatto è reale, misurabile, duraturo? E non, semplicemente, dichiarato in un bel documento di marketing?
La risposta sta nella parola chiave di questo articolo: distinguere. Perché nella finanza d’impatto — come in molti altri ambiti — non tutto ciò che brilla è oro.
IL RISCHIO: VENDERE “IMPATTO” COME SI VENDE UNA STORIA
L’interesse crescente verso l’impatto sociale ha portato molte realtà finanziarie a inserire questa dimensione nelle proprie offerte. Ma troppo spesso l’impatto viene trattato come uno slogan, non come un criterio serio di valutazione. Il rischio, anche qui, è il cosiddetto impact washing: ovvero, dare l’idea di generare benefici sociali quando in realtà l’effetto positivo è marginale, non dimostrabile o semplicemente “di contorno” rispetto al reale obiettivo dell’investimento.
COSA SIGNIFICA DAVVERO IMPATTO?
Generare impatto sociale non significa solo fare investimenti in ambiti “buoni”. Significa che quegli investimenti producono un cambiamento positivo misurabile, in un contesto specifico, per una popolazione specifica, e con una chiara intenzionalità.
Tre elementi sono fondamentali:
1) Intenzionalità: l’impatto non è un effetto collaterale, ma un obiettivo esplicito dell’investimento.
2) Addizionalità: il capitale investito genera qualcosa che non sarebbe accaduto comunque.
3) Misurabilità: il cambiamento generato è documentato con indicatori chiari, condivisi e aggiornabili nel tempo.
UN IMPATTO CHE SI VEDE NELLA VITA REALE
Pensiamo, ad esempio, a un fondo che finanzia progetti di edilizia popolare. Se i capitali vengono impiegati per costruire abitazioni accessibili in una zona dove la domanda è reale e l’offerta è carente, l’impatto è concreto: famiglie vulnerabili possono accedere a un alloggio dignitoso che altrimenti non avrebbero avuto. Se invece quelle case vengono costruite in un’area già satura, o destinate a fasce che avrebbero comunque trovato una soluzione sul mercato, l’effetto sociale reale rischia di essere solo marginale.
Oppure immaginiamo un’obbligazione il cui ricavato finanzia l’imprenditoria femminile. Non basta citare l’obiettivo per poter parlare di impatto: bisogna verificare se quei fondi hanno davvero permesso a donne escluse dal credito tradizionale di avviare e far crescere attività sostenibili. L’impatto è autentico solo se si abbattono barriere e si generano opportunità durature.
Un altro caso significativo riguarda i progetti rivolti ai NEET — acronimo che indica i giovani “Not in Education, Employment or Training”, cioè ragazzi e ragazze che non studiano, non lavorano e non frequentano percorsi formativi. È una fascia fragile, spesso invisibile, a rischio di esclusione sociale. Un investimento a impatto può fare la differenza se finanzia programmi di orientamento, formazione e inserimento lavorativo che accompagnano questi giovani fino a un impiego stabile o a un percorso educativo strutturato. Anche qui, ciò che conta non è l’intenzione in sé, ma il risultato ottenuto, la trasformazione nella vita reale delle persone coinvolte.
COME ORIENTARSI NELLA GIUNGLA DELL’IMPATTO DICHIARATO
Per un investitore, leggere una brochure ben scritta non basta. È importante imparare a chiedersi:
- Qual è l’obiettivo sociale dichiarato?
- Esistono metriche per valutarlo?
- Chi misura e certifica questi risultati?
- L’impatto è rendicontato regolarmente?
- C’è una valutazione anche degli effetti indiretti o non intenzionali?
Chi propone strumenti a impatto serio non ha paura delle domande, e anzi fornisce report dettagliati, casi concreti, indicatori oggettivi. Al contrario, chi si limita a dichiarazioni generiche e autocelebrative senza fonti né numeri, merita quantomeno una verifica più attenta.
DISCERNERE, NON PROMUOVERE
Anche in questo ambito, il consulente finanziario ha un compito cruciale: aiutare il cliente a capire cosa c’è dietro le promesse. Non si tratta di diventare “ispettori sociali”, ma di essere fedeli a un principio di trasparenza e coerenza.
Un consulente preparato conosce la differenza tra un fondo “etichettato” e uno veramente progettato per generare impatto. E aiuta l’investitore a costruire un portafoglio che non sia solo redditizio, ma anche portatore di un cambiamento concreto e positivo nella società.
Non serve credere a ogni parola scritta in un prospetto.
Serve allenare uno sguardo critico. E investire in ciò che, oltre a rendere, fa bene davvero.